Agosto, tempo di trattamenti e in particolare trattamenti anti varroa. Le nostre api hanno completato per buona parte il loro ciclo produttivo. E dobbiamo proprio dirlo, quest’anno ci hanno anche riservato un bel po’ di soddisfazioni, producendo tanto buon miele di varie qualità.
Dopo una primavera e una prima parte d’estate nella quale si sono prodigate, tocca a noi assisterle per quanto possibile. La varroa, il parassita ormai tristemente più comune che le attacca, si trova in un punto di alto sviluppo. Non tutte le colonie ne sono infettate allo stesso modo: in certe zone stanno peggio, in altre sensibilmente meglio. Ma non è possibile pensare di non aiutarle prima del trattamento anti varroa invernale risolutivo.
D’estate, dunque, tutti gli apicoltori sono intenti, tra luglio e agosto, in Piemonte generalmente poco dopo la raccolta del miele di castagno, nel cercare di ripulire le arnie dal parassita con trattamenti anti varroa nel modo più efficace possibile.
Ma qual’è il migliore fra i trattamenti anti varroa?
Anti varroa: quale metodo?
Non c’è un modo univoco per aiutare le nostre api contro la varroa e non esistono trattamenti anti varroa che costituiscono una vera e propria panacea.
Uno dei metodi più tradizionali, ed ancora oggi utilizzati, è il “blocco di covata”. In questo modo si impedisce alla regina di deporre per un intero ciclo di covata da fuco, ossia 24 giorni (le api operaie sfarfallano invece, ossia escono dalle loro cellette opercolate, dopo 21 giorni).
Generalmente si ingabbia la regina in una zona dell’apiario dove può continuare a covare. Oppure semplicemente rimanere distante dai telaini del nido pur rimanendo al suo interno, e venendo nutrita. In modo che l’alveare, le altre api in sostanza, ne continui ad avvertire la presenza. In questo modo tutte le api nel nido nasceranno e tutte le cellette saranno libere da covata nel momento del trattamento. Trattando le api ad esempio con acido ossalico (il metodo più usato in apicoltura biologica), si avrà la certezza di eliminare la varroa senza che questa possa in realtà proliferare all’interno delle cellette chiuse, assieme alle larve che si stanno nel frattempo sviluppando.
Asportazione di covata: bene se si vogliono nuovi nuclei
Un altro metodo molto usato, e anche piuttosto pratico se si ha intenzione di far crescere la popolazione dell’alveare, è l’asportazione di covata. In questo modo la “covata”, ossia i telaini con la presenza di celle operaolate dalle quali sfarfalleranno poi le nuove api, vengono asportati. E formano due nuclei che andranno portati lontano dall’alveare madre. Nell’alveare madre, ridotto circa alla metà, resterà, libra, la regina, che continuerà a deporre.
Si tratta quindi l’alveare madre. E anche in questo caso le api vengono liberate dalla varroa, mentre per il trattamento dell’alveare figlio si attenderanno 21 giorni, il tempo in cui tutte le api (anche quelle che all’asportazione sono uova fresche di giornata) saranno sfarfallate (nel frattempo sarà nata una nuova regina o, in caso contrario, andrà inserita (si può anche scegliere, per ridurre i tempi, di inserire una regina, dopo aver eliminato le celle reali naturalmente create dal nuovo nucleo, riducendo così i tempi di attesa per la nascita e la fecondazione.
Apifor60: l’ultima frontiera dei trattamenti anti varroa
I metodi per i trattamenti anti varroa sono davvero tanti ma qualcosa, nel campo della sperimentazione, in questi ultimi anni, ha mosso passi importanti. Si tratta dell’ottimizzazione dell’utilizzo dell’acido formico. Altrettanto “bio” come l’ossalico, ma con un grande vantaggio: non è necessario bloccare la regina o asportare, perchè l’acido formico agisce anche all’interno degli opercoli.
In passato si utilizzava l’acido imbevendo spugnette da lasciare sopra al fondo dell’arnia, oppure si usava a concentrazioni prossime alla purezza: un’altra condizione che, unita generalemente ai 30 e oltre gradi centigradi del momento, uccideva irreparabilmente le api della malcapitata colonia.
Ma nel frattempo i trattamenti anti varroa con il formico hanno fatto passi da gigante.
Quest’anno, per la prima volta, abbiamo provato Apifor60, al 60% di concentrazione appunto, utilizzando i telaini da melario con tre vaschette dotate di uno stoppino di feltro regolabile ciascuna.
Prime prove con Apifor60 nel 2019
L’anno scorso l’avevamo testato con successo in un apiario con 14 arnie. Quell’apiario ha superato felicemente l’estate e l’inverno ed è ripartito alla grande durante questa primavera (è l’apiario dove siamo riusciti a produrre anche il miele di tarassaco in aprile). Nel corso del trattamento abbiamo perso una sola regina: una perdita statisticamente trascurabile.
Quest’anno abbiamo trattato tutte le arnie con Apifor60. Una volta ammortizzati i telaini, che costano poco meno di 10 euro, il trattamento ha un costo di circa 3,5 euro ad arnia. Ma soprattutto, ci ha permesso di conservare tutte le colonie in buona salute. Su 45 famiglie, in apiari che vanno dai 250 agli 800 metri, con temperature diurne e notturne sensibilmente diverse, abbiamo perso 1 regina. L’apiario di pianura, che durante il trattamento ha potuto beneficiare di una abbondante fioritura di trifoglio, ha persino conservato un notevole livello di scorte, e le regine hanno continuato (seppure in modo ridotto) a covare.
Ottimo risultato, ma tanto miele consumato
Ciò che si riscontra, tuttavia, in modo abbastanza netto è l’aumento di consumo di miele da parte delle colonie, che sono visivamente portate a mangiare di più. Alla prima ispezione post trattamento, è stata rilevata covata fresca in tutte le arnie ma le scorte, complessivamente, anche per via del fatto che le famiglie continuano ad essere discretamente numerose, sono basse quasi ovunque (a parte l’apiario di pianura). Terminato il trattamento si consiglia dunque di effettuare qualche ciclo di nutrizione liquida, prima della nutrizione vera e proprio che servirà ad accompagnarle verso l’invernamento. La caduta della varroa è visibile.
In generale è necessario dosare il formico nelle vaschette in modo che non siano strapiene, ma a 2/3 della capienza. Soprattutto, è importante non esagerare con l’esposizione dello stoppino di feltro. Una media di 1,5 centimetri all’esterno è media accettabile per ottenere un buon risultato in termini di efficacia, riducendo il rischio per le api.